La festa di Sant'Elisabetta.
La comunità santeliana è da sempre molto legata alla realtà religiosa locale, nello specifico a quella realtà francescana che caratterizza da secoli il paese molisano. Ed è proprio nella cornice francescana che si inseriscono diversi eventi che da anni vedono impegnati i cittadini nel portare avanti tradizioni intrise di fede e grande spiritualità. Come per la festività di Santa Elisabetta d’Ungheria.
Nello specifico, la festa di Sant’Elisabetta è festeggiata dalla chiesa il 17 novembre, la santa è conosciuta come patrona dell’Ordine Francescano Secolare. Ed è proprio l’OFS di Sant’Elia a Pianisi che omaggia e festeggia con un triduo la santa.
Elisabetta d’Ungheria nacque nel 1207 dal re Andrea d’Ungheria e Gertrude, nobildonna di Merano, fu promessa moglie a Ludovico che era figlio ed erede del sovrano di Turingia. Trascorse tutta la sua vita a servizio dei più poveri e dei più bisognosi. Fece edificare difatti un ospedale che la ridusse in povertà, nemmeno in questo caso però abbandonò la sua missione di francescana: essere al servizio degli ultimi ed aiutare chi soffriva.
La storia di questa santa è particolarmente affascinante: perdere tutto per mettersi al servizio degli ultimi, un chiaro parallelo con San Francesco d’Assisi e ciò che fece di lei una donna francescana.
La spiritualità di Elisabetta si manifestò subito, con la piena devozione a Dio ed il rifiuto per tutte le vanità del mondo, una natura prettamente francescana che emerge in ogni gesto compiuto dalla santa. L’attenzione verso i più poveri e gli ultimi è quello che caratterizza tutta la vita di Elisabetta, attenzione che non svanirà anche con la perdita di ciò che possedeva.
Il matrimonio di Elisabetta ebbe luogo nel 1221 ed è proprio durante il suo matrimonio che viene raccontato di un miracolo particolare che ha dato seguito poi alla tradizione, tenuta in vita anche a Sant’Elia a Pianisi, del cesto di pane da portare agli ammalati o a chi non può permetterselo. Si racconta che portando ai poveri il pane nel suo grembiule, si imbatté nel marito che le chiese di mostrare cosa tenesse nel grembiule. Una volta aperto il grembiule, il pane era diventato un fascio di rose fresche ed è infatti la rosa ad essere diventata simbolo della santa.
“La sua devozione crebbe tra le feste e le vanità cui la sua condizione sociale la espose. I grandi fuochi sono alimentati dal vento, mentre quelli piccoli sono estinti, se non protetti da questo”, ci viene raccontata così da Francesco di Sales. L’incontro con la spiritualità francescana avvenne tramite alcuni frati minori dell’ordine francescano, giunti in Germania a portare il messaggio di Francesco che allora era ancora in vita, secondo la tradizione Francesco avrebbe mandato ai sovrani di Turingia un mantello logoro che divenne uno dei tesori più preziosi di Elisabetta. I sovrani aiutarono i frati ad edificare una cappella per loro.
Iniziò a prendersi cura anche dei lebbrosi, infatti sembra proprio che ne abbia ospitato uno nel suo letto e che il marito, avvisato dalla sorella, vide in questo lebbroso i segni del volto di Cristo e dopo questo fatto fu allestito un lebbrosario. Nella sua vita fu affiancata da diversi padri spirituali che la guidarono nelle sue scelte e nel metterle in pratica.
Nel momento in cui l’Europa fu flagellata dalla peste e dal vaiolo, Elisabetta tentò di far fronte alla situazione e di aiutare i bisognosi, il suo impegno cristiano e francescano appunto non venne mai meno nemmeno dinanzi alla concreta paura di morire o potersi ammalare. È nei poveri che la fede e la spiritualità della santa ebbero la più concreta manifestazione, andare in giro portando loro del cibo e permettendo così a tutti di mangiare senza distinzione. Visitava i malati personalmente due volte al giorno, una volta la mattina ed una la sera, si prese cura di tutti coloro che venivano respinti per via della loro condizione fisica, ad alcuni procurò un letto dove dormire, altri vennero portati sulle sue spalle quando erano impossibilitati a spostarsi. La sua vita fu un’ode alla povertà ed alla sofferenza.
La realtà santeliana, da anni molto legata a questa festa ed alla sua celebrazione, celebra e commemora la santa attraverso un triduo. Nelle giornate che precedono la festività del 17 novembre, vengono lette delle riflessioni sulla vita della santa, riflessioni che permettono di creare un richiamo ed un collegamento alla nostra realtà.
Nella prima giornata il momento di riflessione si focalizza sulla prima parte della vita di Sant’Elisabetta per avvicinare tutti alla sua scelta di vita, per cercare di presentare un esempio di pura fede e devozione verso i più deboli e verso coloro che soffrono. L’OFS del paese si prodiga per la celebrazione ricordando le azioni della santa patrona dell’ordine francescano secolare.
Nella seconda giornata, la riflessione prosegue con una seconda lettura che presenta altri episodi della vita della santa, le sue opere misericordiose, il suo impegno verso il prossimo sempre vivo e presente nella sua quotidianità, nella cornice della sua vita da sovrana con impegni legati al regno ed alla realtà del tempo, impegni a cui Elisabetta non venne meno unendo la sua missione francescana alla sua vita di corte.
Nella terza giornata del triduo vengono raccontati altri episodi della sua vita come la morte del marito che la addolorò particolarmente, spingendola a fare voto di castità e a rinunciare a qualsiasi altro uomo. Il suo impegno verso i più bisognosi continuò senza sosta fino ad arrivare alla costruzione dell’ospedale che la portò in povertà, cosa della quale Elisabetta non si preoccupò dal momento che affermava di ricevere grazia ed umiltà dai più poveri. Ed è proprio in questa affermazione che si nota un chiaro parallelo con il santo d’Assisi, trovare la propria completa realizzazione attraverso la cura ed il sostegno dei più poveri.
Gli ultimi tre anni della sua vita furono trascorsi nell’ospedale dove vegliava e curava i malati, non venendo mai meno a questo suo compito e cercando di aiutare chiunque ne avesse bisogno. Nel novembre del 1231 fu colpita da una forte febbre che la costrinse a letto, furono molte le persone che si recarono a farle visita, fino a quando nella notte del 17 novembre, chiedendo di restare sola per pregare Dio, morì. Le testimonianze sulla sua santità furono veramente moltissime al punto che solo quattro anni più tardi venne proclamata santa.
Il messaggio del triduo tenuto dall’OFS di Sant’Elia a Pianisi ha messo in luce come nella figura di Santa Elisabetta si veda come la fede e l’amicizia con Cristo riescono a creare quel senso di giustizia, uguaglianza di tutti, dei diritti degli altri, specialmente dei più deboli. Un aspetto che ad oggi si può considerare molto attuale e che deve diventare un chiaro esempio di concreto amore verso la vita e verso il prossimo.